In una notte di temporale

Il racconto narra dell’amicizia tra un lupo e una capretta nata proprio grazie all’inconsapevole superamento del pregiudizio, complici il buio, il raffreddore e un bastone. Lupo e capretta scoprono così di avere le stesse emozioni, gli stessi bisogni, gli stessi ricordi e di potersi aiutare.

Che cosa sarebbe successo il giorno dopo? Questo neanche il sole, che era appena spuntato a far brillare le gocce sulle foglie, poteva saperlo.



Pioveva a dirotto quella sera.
Goccioloni cadevano al suolo
Colpivano ogni cosa: i prati, gli alberi, il sentiero
colpivano anche corpicino di una capretta bianca.
La capretta senza pensarci, si rifugiò in una capanna abbandonata sul pendio della collina.
Si mise a riposare nell’oscurità aspettando tranquillamente che il temporale finisse.
Qualcuno entrò nella capanna.
Chissà chi era.
La capretta si nascose e drizzò le orecchie.
Tic, toc, tic, toc.
Passi.
Qualcosa di duro batteva sul pavimento.
Sembrava rumore di zoccoli.
Doveva sicuramente essere una capra.
La capretta, sollevata, si rivolse al nuovo arrivato: “bel temporale, vero?”
“come? Chi ha parlato? (tosse). Con questo buio, (tosse) non si vede un accidente”.
La capretta un po’ stupita rispose bruscamente: “sono appena arrivata anch’io. Ma non è così terribile”.
(tosse)“ma si, è vero… mi sono trascinato sotto il temporale, ma per fortuna ho trovato questo rifugio”.
Tirò un sospiro di solievo ed appoggiò il bastone sul pavimento.
Già: quell’ombra indistinta, con il bastone, non era una capra, ma un lupo. Per di più era un lupo con la bocca grossa così, che andava ghiotto di carne di capra.
“che sollievo che ci sia anche tu”
La capra non aveva ancora capito che il suo compagno era un lupo.
“anch’io, (tosse)se fossi capito in questa capanna da solo, in una notte di temporale mi sarei sentito perduto”.
Anche il lupo non aveva capito che il suo compagno era un capra.
“ahi, ahi, che male”.
“Che cosa c’è?”
“ho tutte le zampe doloranti. Ho camminato a lungo per arrivare qui”.
“poverino! Allungale pure verso di me”.
“oh, grazie, così va molto meglio”.
(tosse)
“tutto bene? Mmmm… Devi esserti beccato un raffreddore”.
“Penso anch’io. Non sento per niente gli odori.
“Beeeee, ora capisco perché hai questa voce”:
“ha,ha,ha, deve essere per questo”.
La capretta sentendo la risata del lupo, stava per dire
“che voce profonda da lupo”,
ma pensava che fosse scortese e lo tenne per sé.
Anche il lupo stava per dire:
“che voce stridula da capra”,
ma pensando che il compagno si sarebbe offeso, preferì tacere.
Si sentiva solo l’ululato del vento. Ed il picchiettare della pioggia sulla capanna.
“da dove vieni?”
“Vengo da un luogo impervio”.
”Vivi in un luogo impervio? Non è pericoloso?”
”Ma cosa stai dicendo? E’ un po’ scosceso, ma tutto è bello”.
Questo posto impervio era la valle dei lupi.
“però, che coraggio. Io vengo dalle colline verdeggianti”.
“ah, che invidia. Da quelle parti ci sono tante cose buone da mangiare”.
Le cose buone da mangiare erano le capre.
“eh si, ce né on abbondanza”.
In quel momento si sentì il brontolio delle loro pance.
“ho una fame del diavolo”.
“davvero, anch’io ho lo stomaco vuoto”.
“che bello avere qualcosa da mettere sotto i denti quando si ha fame”.
“ti capisco. Stavo proprio pensando la stessa cosa”.
“di solito vado a cercare da mangiare nei dintorni, ai piedi della montagna dove abito”.
“anch’io faccio così”.
“da quelle parti il cibo è molto buono”.
“si il profumo è invitante”.
“e morbido da masticare”
“anche se lo mangi tutti i giorni non ti stanca”.
“anzi, se lo mangi una volta non puoi più farne a meno”.
“ah, solo a pensarci muoio dalla voglia. Ho l’acquolina in bocca”.
“ah, che fame”.
E contemporaneamente:
“che buona erba” disse la capra.
“che buona carne” disse il lupo…
Ma il fragore di un tuono coprì quelle parole.
“sai da bambino ero magrolino. Anche adesso lo sono, ma a quei tempi mia madre mi diceva sempre: mangia ancora, mangia ancora!”
“ma guarda, anche la mia a pranzo mi diceva: se non mangi abbastanza non riuscirai a scappare. Ti mancherà il fiato per correre”.
“ha, ha, ha, ci assomigliamo veramente molto”.
“bee, anche se non ti vedo, sicuramente ci assomigliamo”.
Ci fu un lampo e l’interno della capanna si illuminò a giorno.
“ah, mi sono girato, mi hai visto? Ci assomigliamo?”
“mi dispiace sono rimasto abbagliatoed ho chiuso istintivamente gli occhi”.
“ma quando li hai aperti mi hai visto?”
Improvvisamente il boato di un tuono fece tremare la capanna.
“aiuto”
I due si strinsero.
“ah, scusami, è che mi sono spaventato”.
“si, non importa , anch’io ho avuto paura”.
“però, ci assomigliamo molto, vero?”
“abbiamo avuto la stessa reazione”.
“la prossima voltà, perché non ci troviamo a mangiare con il bel tempo?”
“va bene. Pensavo che sarebbe stata una pessima serata, per via di questo brutto temporale, poi ho incontrato un buon amico, si è rivelata migliore di quanto non immaginassi”.
“guarda il temporale è cessato”
“oh, è vero”.
Tra le nuvole cominciavano ad apparire le stelle.
“allora per domani a mezzogiorno, va bene?”
“si, dopo il temporale c’è sempre il bel tempo “.
“e il luogo dell’appuntamento?”
“Davanti a questa capanna ti va bene?”
“ok. però se non ti riconosco dalla faccia?”
“già per sicurezza diremo: sono chi ti è diventato amico in una notte di temporale”.
“ha,ha, ha, basterà dire solo: in una notte di temporale”.
“d’accordo, la parola d’ordine sarà: in una notte di temporale”.
“ciao << in una notte di temporale>>”.
“arrivederci<< in una notte di temporale>>”.

Nell’oscurità prima dell’alba, le due ombre si salutarono agitando le mani.

Che cosa sarebbe successo il giorno dopo, ai piedi della collina?
Questo neanche il sole, che era appena spuntato afar brillare le gocce sulle foglie, poteva saperlo.

Tratto da un racconto di
Yuichi Kimura

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